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LIBERI PENSIERI 

DESIDERI E PASSIONE, che ne è di loro?

Se mi chiedessero cosa manca più di tutto oggi, soprattutto nei giovani, direi probabilmente la capacità di desiderare davvero qualcosa, la “passione”. Noi crediamo di “desiderare”, ma il desiderio – dal latino de-sidere, mancanza di stelle – è figlio di una “mancanza”, di un’assenza… e questi elementi sono quasi inesistenti nell’attuale società dell’abbondanza. Una società che, nel tentativo di risolvere la sofferenza dispensando gli individui con tutto ciò che possa essere desiderabile, si è comportata come una madre apprensiva la quale, anticipando ogni possibile desiderio del figlio, lo priva di quella necessaria (anche minima) frustrazione che fa da preliminare a un successivo pieno appagamento.

Ed è quello che accade del resto anche a tanti genitori, nel tentativo di evitare un conflitto sempre più complesso e che non sono più in grado di gestire. Si tratta infatti di una “frattura” generazionale che, pur sana e naturale, mette oggi più in crisi gli adulti che non i figli; pare di assistere non di rado a una sorta di rovesciamento dei ruoli tale per cui sembrano gli adulti ad essere in essere affanno per l’approvazione dei figli, anche rincorrendone la popolarità sui social; i ragazzi, dal canto loro, continuano a fare il loro “mestiere” di ribelli, se pur in modi diversi e troppo spesso esagerati e stereotipati.

In generale e su ogni fronte paiono mancare i LIMITI: i perimetri si sono liquefatti e tutto sembra possibile con relativa facilità e velocità. Così, dove in passato il tema era rompere la corazza di regole fin troppo rigide, con un conseguente senso di colpa in agguato, oggi il tema è divenuto l’opposto: un’assenza (o un relativismo) quasi totale delle regole, che di fatto trasforma le infinite opzioni disponibili in una gabbia invisibile, nella quale non siamo più in grado di scegliere consapevolmente CHI vogliamo essere e PER COSA valga la pena di impegnarsi… con una conseguente mancanza di senso del vivere che sembra dilagare.

La psicologia, dal canto suo, ha da tempo ben presente quanto sia fondamentale un livello “ottimale” di frustrazione per la conquista dell’autonomia e la creazione della propria identità. Così, in questa società “bulimica” di varianti e opportunità (ma anoressica di valori), il desiderio e la conseguente passione (dal latino passio, “sofferenza”) che ne è la sana energia motrice, sembrano essere stati sostituiti con la compulsione e l’ingordigia.

Con la pretesa incontenibile di poter avere tutto, possibilmente subito, evitando la fatica della scelta e il dolore della rinuncia, vale a dire evitando la “seccatura” della decisione, divoriamo esperienze e relazioni come in un fast-food esistenziale. Con il palato psichico assuefatto all’iperstimolazione di esperienze prêt-à-porter, stiamo perdendo la capacità di distinguere le sfumature, di intuire per cosa valga la pena aspettare e cosa viceversa possa essere tranquillamente lasciato andare.

Le scelte non sembrano più tarate sul desiderio di realizzare un sogno, un progetto di vita, ma sull’impulso del momento, sul capriccio di chi, per la “noia” del non avere “mancanze” (cioè, desideri) e in assenza di uno scopo di vita ispiratore, riempie per così dire il tempo di attività e obiettivi, più o meno utili o sensati, quando non decisamente dannosi, che comunque il più delle volte non lasciano alcuna scia di Valore attorno a sé.

Nell’epoca dell’intelligenza artificiale e delle infinite possibilità a portata di “clic”, sembriamo procedere senza meta, come travolti dalla corrente delle opportunità e in costante rincorsa di un tempo che sembra non bastare mai. Affannati nel timore di “perderci qualcosa” d’importante (una nuova sindrome è il F.O.M.O., Fear of Missing Out, l‘incapacità di disconnettersi dalla rete per timore di restare fuori dal giro, di rimanere esclusi), sembriamo aver perso la capacità di osservare l’altro con attenzione, di ascoltare con cura noi stessi e il momento presente, di aspettare il momento ‘giusto’ (kairos), di desiderare. Il tempo sembra scivolarci tra le dita e ci sentiamo incapaci di “fermarlo”, perché tutto attorno a noi sembra procedere speditamente in qualche direzione, non necessariamente la nostra…

COME POSSIAMO QUINDI ARGINARE QUESTA ESONDAZIONE?

Se anche non possiamo fermare il tempo fuori di noi, quello convenzionale scandito dall’orologio, possiamo certamente rallentare la nostra percezione soggettiva del tempo, prestando cura e attenzione a ciò che accade in noi e attorno a noi e su queste basi, immaginare un modo per creare valore, per nutrire il desiderio di lasciare la nostra impronta, unica e inimitabile, del nostro passaggio in questa vita. Ascoltare il nostro Daimon, la nostra guida interiore, come attivatore di un desiderio che possa restituire senso alle nostre vite e valore a quelle altrui.

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